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EMPATIA E SOLIDARIETA’ COL MALATO, SEMPRE PIU’ FUORI MODA?

EMPATIA E SOLIDARIETA’ COL MALATO, SEMPRE PIU’ FUORI MODA?

 

Cosa indossare sotto il camice bianco quando si visita un paziente? Facile a dire ma difficile a trovare: una buona dose di gentilezza e uno stile di comunicazione adeguato ai bisogni del malato. Perché le parole possono essere macigni, ma anche scintille che accendono una reazione positiva nel paziente che si sentirà così più confortato e più deciso ad affrontare la sua malattia.

MALATO
Perché la prima cosa che il paziente sente di aver bisogno quando si trova catapultato nel mondo sconosciuto di una malattia è la necessità di capire, e la speranza di non affrontarla da solo.
Segue, poi, il bisogno di sicurezza nel futuro, che per il malato è spesso un orizzonte denso di preoccupazioni e insicurezze rispetto al cammino che dovrà intraprendere.

A questo bisogno viene abbinato una richiesta di uno stile comunicativo improntato alla continuità con il medico a cui ha deciso di affidarsi. La ricerca di una comunicazione adeguata è importantissima per il malato che ha necessità infatti di essere compreso emotivamente, di desiderare le attenzioni del medico per sentirsi a proprio agio e in compagnia di un alleato valido nella battaglia che dovrà affrontare

MEDICO

Obiettivo: tranquillizzare, motivare e dare speranza e non solo prescrivere esami e medicine. Lo stile relazionale invece è quello improntato all'ascolto e alla valorizzazione delle specifiche richieste del paziente.
La verità è che oggi i medici non sono preparati a comunicare col paziente. Tra gli anni '50 e '70 c'è stata una rivoluzione della medicina che ci ha permesso di diventare sempre più tecnici e molto meno orientati verso il paziente, con un processo che si chiama 'de-umanizzazione'. Qualcuno pensa che il distacco sia d'aiuto al malato, in realtà il 'capire' quello che sente, e soprattutto non solo dal punto di vista fisico, è fondamentale.
Durante la visita purtroppo solo il 23% dei pazienti riesce a dire il motivo per cui è andato a farsi visitare, perchè mediamente dopo circa 18 secondi il medico lo interrompe e non vuole più sentire. Meno di un minuto su 20 è dedicato a ricevere informazioni dal malato.
Il primo passo, invece, deve essere sempre ascoltare il paziente. Il rapporto umano è l'inizio di tutto. E si è visto che anche chi non appartiene a branche della medicina estremamente tecnologiche ha lo stesso rischio di deumanizzazione, che resta costante nel tempo.

Quanto alla tecnologia è utile ed importante aggiornarsi, ma il limite a qualsiasi livello è che la velocità di sviluppo della tecnologia non solo è maggiore della curva di apprendimento di chi dovrebbe farne uso, ma soprattutto non deve prescindere da un corretto rapporto di umanità e solidarietà con la persona sofferente che abbiamo di fronte ogni giorno nei nostri ambulatori.

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